La Corte, decidendo la questione sollevata dal G.I.P. di Firenze, ha statuito che non contrasta con la normativa europea la disciplina italiana interpretata nel senso che impedisce nel procedimento penale la costituzione di parte civile e la relativa richiesta di risarcimento danni contro l’ente responsabile ai sensi del D.Lgs 231/2001, così costringendo il danneggiato a formulare le proprie domande in un separato procedimento.
Si segnala che la corte ha deciso in palese contrasto con le conclusioni rassegnate dall’Avvocato Generale.


Corte di Giustizia CE

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione) (*)

Corte di Giustizia UE: nella 231 la costituzione di parte lesa si fa in procedimento separato
Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2001/220/GAI – Posizione della vittima nel procedimento penale – Direttiva 2004/80/CE – Indennizzo delle vittime di reato – Responsabilità delle persone giuridiche – Risarcimento nell’ambito del procedimento penale

Nella causa C‑79/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi degli articoli 267 TFUE e 35 UE, dal giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 9 febbraio 2011, pervenuta in cancelleria il 22 febbraio 2011, nel procedimento penale promosso a carico di

Maurizio Giovanardi e a.,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues (relatore), presidente di sezione, dai sigg. U. Lõhmus, A. Ó Caoimh, A. Arabadjiev, e C.G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 marzo 2012,

considerate le osservazioni presentate:

– per la sig.ra Giunti e a., da A. Conti e S. Grisenti, avvocati;

– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da L. D’Ascia, avvocato dello Stato;

– per il governo tedesco, da. T. Henze, J. Kemper e F. Wannek, in qualità di agenti;

– per il governo dei Paesi Bassi, da C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti;

– per il governo austriaco, da A. Posch, in qualità di agente;

– per la Commissione europea, da F. Moro e R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 maggio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione della decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (GU L 82, pag. 1; in prosieguo: la «decisione quadro»), e della direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 261, pag. 15).

2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di un procedimento penale a carico del sig. Giovanardi e di varie altre persone in seguito ad un incidente avvenuto sul luogo di lavoro.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3 Dal terzo considerando della decisione quadro emerge che il Consiglio europeo di Tampere (Finlandia) ha previsto, in occasione della sua riunione del 15 e 16 ottobre 1999, di elaborare norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull’accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento del danno.

4 Il quarto considerando della decisione quadro così recita:

«Occorre che gli Stati membri ravvicinino le loro disposizioni legislative e regolamentari, per raggiungere l’obiettivo di offrire alle vittime della criminalità, indipendentemente dallo Stato membro in cui si trovano, un livello elevato di protezione».

5 In base all’articolo 1 della decisione quadro, ai fini della decisione medesima, si intende per:

«a) “vittima”: la persona fisica che ha subito un pregiudizio, anche fisico o mentale, sofferenze psichiche, danni materiali causati direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro;

(…)

c) “procedimento penale”: il procedimento penale conforme al diritto nazionale applicabile;

(…)».

6 L’articolo 9 della decisione quadro 2001/220, rubricato «Diritto di risarcimento nell’ambito del procedimento penale», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Ciascuno Stato membro garantisce alla vittima di un reato il diritto di ottenere, entro un ragionevole lasso di tempo, una decisione relativa al risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale, eccetto i casi in cui il diritto nazionale preveda altre modalità di risarcimento».

7 Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2004/80:

«Gli Stati membri assicurano che, se un reato intenzionale violento è stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente l’indennizzo risiede abitualmente, il richiedente ha diritto a presentare la domanda presso un’autorità o qualsiasi altro organismo di quest’ultimo Stato membro».

La normativa nazionale

8 Dall’articolo 1 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 140 del 19 giugno 2001, pag. 4; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 231/2001»), risulta che il menzionato decreto disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, che si applica agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica, ma che non si applica allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici e nemmeno agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

9 L’articolo 5 del decreto legislativo n. 231/2001, il quale identifica le persone fisiche che, autori materiali del reato, fanno sorgere la responsabilità dell’ente o della persona giuridica, così dispone:

«1. L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2. L’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi».

10 Gli articoli 6 e 7 del decreto legislativo in parola precisano le circostanze in cui può ritenersi sussistente la responsabilità di una persona giuridica.

11 L’articolo 6, comma 1, del medesimo decreto legislativo stabilisce che:

«Se il reato è stato commesso dalle persone indicate nell’articolo 5, comma 1, lettera a), l’ente non risponde se prova che:

a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b)».

12 L’articolo 7 di detto decreto così prevede:

«1. Nel caso previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera b), l’ente è responsabile se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.

2. In ogni caso, è esclusa l’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza se l’ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

3. Il modello prevede, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento dell’attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio.

4. L’efficace attuazione del modello richiede:

a) una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività;

b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello».

13 L’articolo 25 septies del menzionato decreto legislativo, come modificato dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (Supplemento ordinario n. 108 alla GURI n. 101 del 30 aprile 2008), intitolato «Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro», così dispone:

«1. In relazione al delitto di cui all’articolo 589 del Codice penale, commesso con violazione dell’articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.

2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui all’articolo 589 del Codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.

3. In relazione al delitto di cui all’articolo 590, terzo comma, del Codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi».

14 Ai sensi dell’articolo 34 del decreto legislativo n. 231/2001:

«Per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato, si osservano le norme di questo capo nonché, in quanto compatibili, le disposizioni del Codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271».

15 L’articolo 35 di detto decreto legislativo così prevede:

«All’ente si applicano le disposizioni processuali relative all’imputato, in quanto compatibili».

16 Conformemente all’articolo 36 del medesimo decreto legislativo la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi dell’ente in causa appartiene al giudice penale competente per i reati dai quali gli stessi dipendono.

17 Ai sensi dell’articolo 185 del Codice penale ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui.

18 L’articolo 74 del Codice di procedura penale stabilisce che l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 del Codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno o dai suoi successori universali, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile.

19 Ai sensi dell’articolo 83, comma 1, del Codice di procedura penale:

«Il responsabile civile per il fatto dell’imputato può essere citato nel processo penale a richiesta della parte civile e, nel caso previsto dall’articolo 77, comma 4, a richiesta del pubblico ministero. L’imputato può essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati per il caso in cui venga prosciolto o sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere (…)».

Procedimento principale e questione pregiudiziale

20 Il 28 luglio 2010 il pubblico ministero presso il Tribunale di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio del sig. Giovanardi e di varie altre persone, accusati di aver concorso colposamente, ai sensi degli articoli 41, 113 e 589, commi 2 e 4, del Codice penale, a causare, rispettivamente, il decesso di una persona e lesioni gravissime ad altre. I fatti sono avvenuti il 2 ottobre 2008, nel corso di lavori che gli imputati stavano compiendo, quali dipendenti della Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., per la rimozione di alcuni dispositivi di sicurezza degli scambi su di un nodo ferroviario.

21 L’atto d’imputazione preliminare del pubblico ministero contiene anche la richiesta di rinvio a giudizio di due persone giuridiche, la Elettri Fer s.r.l. e la Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., chiamate a rispondere di un «illecito amministrativo da reato», di cui all’articolo 25 septies, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 231/2001, in conformità delle disposizioni che, nell’ordinamento italiano, regolano la responsabilità «amministrativa» da reato delle persone giuridiche per conto delle quali agivano, nell’adempimento dei loro compiti funzionali, gli imputati.

22 Il giudice del rinvio illustra che alle persone fisiche accusate si addebita la responsabilità diretta dei fatti che hanno cagionato il decesso di un operaio e lesioni ad altri due operai che effettuavano lavori su detto scambio ferroviario, in quanto non avrebbero adottato le misure richieste per legge al fine di assicurare la loro incolumità, mentre alle persone giuridiche, chiamate a rispondere dell’illecito «amministrativo» da reato, è imputato di non aver adottato modelli di organizzazione più dettagliati, il che le rende passibili delle sanzioni di cui al decreto legislativo n. 231/2001.

23 All’udienza preliminare, tenutasi il 30 novembre 2010 dinanzi al giudice remittente, chiamato a giudicare sulla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero, le vittime, ai sensi degli articoli 74 e segg. del Codice di procedura penale, hanno chiesto di essere autorizzate a costituirsi parte civile, non solo nei confronti delle persone fisiche accusate, ma anche nei confronti delle due persone giuridiche citate in giudizio dal pubblico ministero.

24 Queste ultime si sono opposte a tale richiesta, argomentando che la legislazione italiana non consentirebbe alle vittime di rivolgere direttamente alle persone giuridiche, per quanto vocate in giudizio, la richiesta di risarcimento dei danni derivanti dalle condotte di reato dei loro dipendenti.

25 Il giudice del rinvio fa presente che l’articolo 185 del Codice penale prevede la responsabilità risarcitoria dell’autore del reato e delle persone fisiche o giuridiche che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui. A tal fine il Codice di procedura penale permette alle vittime di un reato di costituirsi parte civile nei confronti degli imputati nell’ambito del processo penale, nonché di chiedere la citazione delle persone, fisiche o giuridiche, che, in base al diritto civile, sono chiamate a rispondere delle condotte degli accusati, in quanto le stesse siano state compiute nell’ambito di un rapporto organico di dipendenza od interesse diretto per conto di dette persone.

26 Il decreto legislativo n. 231/2001 ha introdotto nel diritto italiano lo specifico istituto giuridico della responsabilità da «illecito amministrativo» da reato delle persone giuridiche. Fra le varie tipologie di reati per i quali è prevista questa forma di responsabilità, l’articolo 25 septies del menzionato decreto legislativo prevede l’omicidio colposo, quando sia commesso con violazione dell’articolo 55, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, che rientra nelle varie imputazioni su cui verte il giudizio a quo.

27 Il decreto legislativo n. 231/2001 non detta espresse disposizioni riguardo alla possibilità di effettuare la costituzione di parte civile nei confronti di persone giuridiche chiamate a rispondere della responsabilità «amministrativa» da reato presa in considerazione dal summenzionato decreto. La giurisprudenza della Corte suprema di cassazione e di merito depone, in senso maggioritario, nel negare l’ammissibilità di siffatte domande di costituzione di parte civile.

28 Il giudice del rinvio osserva che, qualora si condivida siffatta interpretazione del diritto italiano, la situazione che ne risulta non è compatibile con il diritto dell’Unione, dal momento che il diritto italiano limita in tal modo la possibilità per la vittima di ottenere un pieno risarcimento del danno subito e la costringe a proporre una nuova azione per chiedere il risarcimento al di fuori dell’ambito del processo penale, la quale, ammesso che abbia esito positivo, si svolge in tempi successivi, il che rende detta azione non efficace.

29 Alla luce delle suesposte considerazioni il giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la normativa italiana in tema di responsabilità amministrativa degli enti/persone giuridiche di cui al Decreto Legislativo n. 231/2001 e successive modificazioni, nel non prevedere “espressamente” la possibilità che gli stessi siano chiamati a rispondere dei danni cagionati alle vittime dei reati nel processo penale, sia conforme alle norme comunitarie in materia di tutela della vittima dei reati nel processo penale».

Sulla competenza della Corte

30 Conformemente all’articolo 9 del protocollo n. 36 sulle disposizioni transitorie, allegato al Trattato FUE, gli effetti giuridici della decisione quadro, che è stata adottata in forza del titolo VI del Trattato UE prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, sono mantenuti finché la menzionata decisione quadro non sarà stata abrogata, annullata o modificata in applicazione dei Trattati.

31 Peraltro, l’articolo 10, paragrafo 1, del medesimo protocollo dispone che le attribuzioni della Corte in ordine agli atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ai sensi del titolo VI del Trattato UE, restano invariate, anche nel caso in cui siano state accettate in forza dell’articolo 35, paragrafo 2, UE. In applicazione dell’articolo 10, paragrafo 3, di tale protocollo, la misura transitoria di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo cessa di avere effetto cinque anni dopo il 1° dicembre 2009, data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

32 Dall’informazione relativa alla data di entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 1° maggio 1999 (GU L 114, pag. 56), risulta che la Repubblica italiana ha reso una dichiarazione ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 2, UE, con la quale ha accettato la competenza della Corte a pronunciarsi sulla validità e l’interpretazione degli atti di cui all’articolo 35 UE secondo le modalità previste al paragrafo 3, lettera b), di tale articolo.

33 È inoltre pacifico che la decisione quadro, fondata sugli articoli 31 UE e 34 UE, fa parte degli atti previsti all’articolo 35, paragrafo 1, UE, a proposito dei quali la Corte può statuire in via pregiudiziale ed è indiscusso che il giudice del rinvio, che agisca nell’ambito di un procedimento come quello di cui alla controversia principale, dev’essere considerato come una giurisdizione di uno Stato membro ai sensi dell’articolo 35 UE (v., in particolare, sentenza del 21 dicembre 2011, X, C‑507/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21).

34 Alla luce di tali considerazioni la Corte è competente a rispondere alla questione sollevata.

Sulla questione pregiudiziale

35 Con la questione proposta il giudice del rinvio chiede se le disposizioni del decreto legislativo n. 231/2001 relative alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, laddove non prevedono la possibilità che esse siano chiamate a rispondere, nell’ambito del processo penale, dei danni da esse cagionati alle vittime di un reato, siano compatibili con la direttiva 2004/80 e con l’articolo 9 della decisione quadro.

36 Se, conformemente a una reiterata giurisprudenza della Corte, quest’ultima, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, non può pronunciarsi né su questioni attinenti al diritto interno degli Stati membri né sulla conformità delle disposizioni nazionali con il diritto dell’Unione, essa può nondimeno fornire elementi interpretativi di tale diritto atti a consentire al giudice nazionale di dirimere la controversia di cui è investito (v., in particolare, sentenza dell’8 giugno 2006, WWF Italia e a., C‑60/05, Racc. pag. I‑5083, punto 18).

37 Innanzitutto occorre porre in evidenza l’irrilevanza della direttiva 2004/80. Difatti, come risulta segnatamente dal suo articolo 1, essa è diretta a rendere più agevole per le vittime della criminalità intenzionale violenta l’accesso al risarcimento nelle situazioni transfrontaliere, mentre è pacifico che, nel procedimento principale, le imputazioni riguardano reati commessi colposamente, e, per di più, in un contesto puramente nazionale.

38 Per quanto riguarda la decisione quadro, l’articolo 9, paragrafo 1, della stessa dispone che ciascuno Stato membro garantisce alla vittima di un reato il diritto di ottenere, entro un ragionevole lasso di tempo, una decisione relativa al risarcimento da parte dell’autore del reato nell’ambito del procedimento penale, eccetto i casi in cui il diritto nazionale preveda altre modalità di risarcimento.

39 Conformemente all’articolo 1, lettera a), della decisione quadro, ai fini della stessa si considera come «vittima» la persona fisica che ha subito un pregiudizio «causat[o] direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro».

40 Non è in discussione che il diritto italiano consente alle vittime di cui al procedimento principale di far valere le loro pretese risarcitorie nei confronti delle persone fisiche, autrici dei reati cui rinvia il decreto legislativo n. 231/2001, rispetto ai danni cagionati direttamente con siffatti reati costituendosi, a tal fine, parti civili nell’ambito del processo penale.

41 Una situazione del genere si concilia con lo scopo perseguito dall’articolo 9, paragrafo 1, della decisione quadro, consistente nel garantire alla vittima il diritto di ottenere una decisione relativa al risarcimento, da parte dell’autore del reato, nell’ambito del procedimento penale ed entro un ragionevole lasso di tempo.

42 Il giudice del rinvio si domanda se detto articolo non debba essere interpretato nel senso che la vittima deve inoltre avere la possibilità di chiedere, nell’ambito del medesimo procedimento penale, il risarcimento dei danni in parola alle persone giuridiche imputate in base all’articolo 25 septies del decreto legislativo n. 231/2001.

43 Tale interpretazione non può essere accolta.

44 Innanzitutto, se, come dichiarato al quarto considerando della decisione quadro, occorre offrire alle vittime della criminalità un livello elevato di protezione (v., in particolare, sentenza del 9 ottobre 2008, Katz, C‑404/07, Racc. pag. I‑7607, punti 42 e 46), la decisione quadro è unicamente volta all’elaborazione, nell’ambito del procedimento penale quale definito all’articolo 1, lettera c), di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità (sentenza del 15 settembre 2011, Gueye e Salmerón Sánchez, C‑483/09 e C‑1/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52).

45 Si consideri poi che la decisione quadro, il cui unico oggetto è la posizione delle vittime nell’ambito dei procedimenti penali, non contiene alcuna indicazione in base alla quale il legislatore dell’Unione avrebbe inteso obbligare gli Stati membri a prevedere la responsabilità penale delle persone giuridiche.

46 Infine, dalla formulazione letterale stessa dell’articolo 1, lettera a), della decisione quadro risulta che quest’ultima, in linea di principio, garantisce alla vittima il diritto al risarcimento nell’ambito del procedimento penale per «atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro» e che sono «direttamente» all’origine dei pregiudizi (v. sentenza del 28 giugno 2007, Dell’Orto, C‑467/05, Racc. pag. I‑5557, punti 53 e 57).

47 Orbene, dall’ordinanza di rinvio emerge che un illecito «amministrativo» da reato come quello all’origine delle imputazioni sulla base del decreto legislativo n. 231/2001 è un reato distinto che non presenta un nesso causale diretto con i pregiudizi cagionati dal reato commesso da una persona fisica e di cui si chiede il risarcimento. Secondo il giudice del rinvio, in un regime come quello istituito da tale decreto legislativo, la responsabilità della persona giuridica è qualificata come «amministrativa», «indiretta» e «sussidiaria», e si distingue dalla responsabilità penale della persona fisica, autrice del reato che ha causato direttamente i danni e a cui, come osservato al punto 40 della presente sentenza, può essere chiesto il risarcimento nell’ambito del processo penale.

48 Pertanto, le persone offese in conseguenza di un illecito amministrativo da reato commesso da una persona giuridica, come quella imputata in base al regime instaurato dal decreto legislativo n. 231/2001, non possono essere considerate, ai fini dell’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, della decisione quadro, come le vittime di un reato che hanno il diritto di ottenere che si decida, nell’ambito del processo penale, sul risarcimento da parte di tale persona giuridica.

49 Dalle suesposte considerazioni risulta che occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 1, della decisione quadro deve essere interpretato nel senso che non osta a che, nel contesto di un regime di responsabilità delle persone giuridiche come quello in discussione nel procedimento principale, la vittima di un reato non possa chiedere il risarcimento dei danni direttamente causati da tale reato, nell’ambito del processo penale, alla persona giuridica autrice di un illecito amministrativo da reato.

Sulle spese

50 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

L’articolo 9, paragrafo 1, della decisione quadro 2001/220/GAI del Consiglio, del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, deve essere interpretato nel senso che non osta a che, nel contesto di un regime di responsabilità delle persone giuridiche come quello in discussione nel procedimento principale, la vittima di un reato non possa chiedere il risarcimento dei danni direttamente causati da tale reato, nell’ambito del processo penale, alla persona giuridica autrice di un illecito amministrativo da reato.